Come ad un aumento della rete stradale corrisponda un aumento di traffico.
Ho trovato molto interessante un articolo pubblicato su Wired che traduco liberamente per il pubblico Italiano.
L’autore dell’articolo (Adam Mann) racconta come, da neo-patentato, sognasse autostrade su più livelli e con tantissime corsie nella convinzione che ciò avrebbe potuto scongiurare il traffico automobilistico.
Niente di più sbagliato, il sogno non avrebbe funzionato: se c’è qualcosa che gli esperti di traffico hanno scoperto negli ultimi dieci anni è infatti che non si risolve il problema del traffico con la costruzione di nuove strade perché sono le strade stesse che generano traffico. Questo concetto è chiamato “domanda indotta” che è un termine economico per descrivere come l’offerta di un bene (le strade in questo caso) generi una richiesta ancor maggiore.
Nonostante alcuni ingegneri del traffico si siano accorti di questo fenomeno già dagli anni ’60 è soltanto da pochi anni che sono stati raccolti abbastanza dati per mostrare come ciò avvenga pressoché ogni volta cha si costruiscono nuove strade. Questa scoperta implica che le soluzioni che applichiamo solitamente per migliorare il traffico siano completamente inutili e che avremmo migliori risultati se fossimo più razionali.
Ma prima di arrivare alla soluzione, dobbiamo capire meglio il problema. Nel 2009 due economisti – Matthew Turner, University of Toronto e Gilles Duranton, University of Pennsylvania – decisero di mettere in relazione il numero di nuove strade ed autostrade costruite in città di zone differenti degli Stati Uniti fra il 1980 ed il 2000 ed il numero di chilometri (miglia) percorse in quelle città nello stesso periodo.
Scoprirono che fra queste grandezze esiste un rapporto uno ad uno: se una città aveva accresciuto la propria capacità stradale di un 10% si era registrato un aumento del traffico del 10%. Ad un aumento stradale dell’11% corrispondeva un aumento dell’11% di trafico e così via.
La correlazione non significa esattamente causa; forse gli ingegneri sanno indovinare la richiesta di nuove strade in base alle necessità degli automobilisti. Ma Turner e Duranton pensano che questo non sia probabile perché il piano della rete stradale risale al 1947 e sembra impossibile che già a quel tempo si potesse predire la domanda da lì a mezzo secolo nel futuro.
Una spiegazione più verosimile, sostenuta da Turner e Duranton, è quella chiamata “Regola Fondamentale della Congestione Stradale“: nuove strade creano nuova utenza con il risultato che la congestione del traffico rimane costante.
Intuitivamente ci saremmo aspettati l’inverso pensando che la rete stradale funzionasse come una tubazione per l’acqua: sostituendo un piccolo tubo con uno più grande si dovrebbe permettere all’acqua (o alle auto) di scorrere meglio. Invece, in questo caso, il tubo più grosso risucchia ancora più acqua.
La prima cosa che viene da chiederci è da dove vengano fuori tutte queste auto in più appena si costruiscono nuove strade
La risposta va cercata in ciò che una strada permette di fare ad un automobilista: andare in giro. Se si espande la rete stradale si aumenta la possibilità di viaggiare in auto. Se si aumenta la possibilità di muoversi in auto gli umani si muoveranno di più (perché amano muoversi). Rendere la guida più facile favorisce la scelta dell’auto per i propri spostamenti anche quando non ve ne sarebbe bisogno ed anche le imprese troveranno più conveniente utilizzare il trasporto su strada per la propria movimentazione delle merci. Questo aumento erode qualsiasi incremento della rete stradale disponibile lasciando il traffico invariato almeno finché le strade resteranno economiche e accessibili, l’utenza svilupperà, infatti, un desiderio illimitato di utilizzarle.
Potremmo pensare che un aumento dell’investimento sul trasporto pubblico potrebbe alleggerire questo disastro. Molti progetti di trasporto su rotaia o su bus vengono giustificati proprio su queste basi, con politici che promettono una diminuzione del traffico. Ma i dati mostrano che anche nelle città dove si è migliorato il servizio di trasporto pubblico la congestione stradale è rimasta invariata. Una nuova linea di metropolitana convincerà qualche automobilista ad usarla ma qualcun altro è già pronto a prendere il posto della loro auto nella strada. Come nel caso del raddoppio di una corsia il traffico rimane costante. (Non si vuol dire che che il trasporto pubblico faccia male, anzi permette lo spostamento di un numero maggiore di persone. Semplicemente questo non influisce sulla congestione stradale).
Molto interessante come l’effetto in esame funzioni anche al contrario. Ogni volta che una città propone la chiusura di una corsia di una strada i residenti protestano preoccupati per l’imminente aumento del traffico.
I dati raccolti dimostrano però come questo non avvenga: il traffico infatti si rimodula sul nuovo asseto viario e la congestione totale non subisce un reale aumento. Ad esempio a Parigi, negli ultimi dieci anni, si è condotta una politica di ridimensionamento della sede stradale. “Guidare a Parigi era difficile prima,” dice Duranton. “Oggi è ugualmente difficile, ma non peggio.” Dove se ne sono andati gli automobilisti allora? Molti sono passati al trasporto pubblico il cui utilizzo a pParigi è aumentato del 20% negli ultimi 20 anni. Altri spostamenti sono stati semplicemente eliminati perché superflui ed altri sono stati fatti a piedi o in bicicletta.
Non solo gli europei hanno fretta di disfarsi delle auto. San Francisco ha rimosso una sezione di autostrada (highway) che ospitava circa 100.000 auto al giorno nell’89. Il viale che è stato costruito in sostituzione ne porta intorno alle 45.000 senza particolari ripercussioni per la città.
Forse la storia di maggior successo si è svolta in Seoul (Corea del Sud) dove è stata demolita una arteria considerata vitale che portava 168.000 auto al giorno. Dopo aver sostituito la strada con un fiume, un parco e qualche strada minore il traffico non è peggiorato mentre molte altre cose sono migliorate come, per esempio, l’inquinamento.
A tutto questo esiste un limite; non è pensabile ridurre una autostrada a 10 corsie ad una singola strada perché ciò causerebbe un blocco totale dei trasporti. In effetti Turner e Duranton hanno enunciato una regola fondamentale che non è propriamente la legge di gravitazione universale ed infatti loro stessi precisano che la loro regola vale per il i dati che riusciamo ad osservare.
Comunque come possiamo veramente ridurre la congestione del traffico?
Per i due studiosi un metodo efficace potrebbe essere aumentare il costo degli spostamenti motorizzati durante le ore di punta (congestion pricing). Questo spingerebbe alcune persone a riconsiderare le proprie abitudini di spostamento evitando spostamenti inutili, preferendo il trasporto pubblico, bicicletta o spostamenti a piedi.
Questo metodo è stato sperimentato con successo a Londra, Stoccolma e Singapore ed altre città si stanno orientando verso questo tipo di soluzione ma il problema principale sono i voti. Nessuno, infatti, vuol pagare per qualcosa che un tempo era gratuito, anche se è nel loro interesse.
Un secondo passo è gestire la politica del costo del parcheggio che in molte città è troppo conveniente e troppo spesso gratuito e quindi i posti auto sono utilizzati ben oltre il tempo necessario ostacolando il ricambio. Il traffico che deriva dalla ricerca di un posto libero costituisce una parte importante del flusso di auto nel centro cittadino arrivando fino al 30% del totale. Aumentare il costo del parcheggio nelle ore di punta incoraggerebbe un ricambio più veloce permettendo a più auto di utilizzare lo stesso spazio durante la giornata; allo stesso tempo si diminuirebbe la voglia di spingersi fino al centro per cercare di parcheggiare l’auto proprio di fronte al droghiere. Questo è il caso di San Francisco che ha attuato una politica di questo tipo ottenendo ottimi risultati.
L’autore di questo articolo infine ci ricorda che la ragione per cui le città si trovano assediate dal traffico non è in tutti quei brocchi che vediamo alla guida ma nelle strade stesse che loro percorrono.